Saluti a tutti. Rientro da una settimana in Romania, dove mi reco sia per lavoro durante l’anno, sia in vacanza almeno per una settimana d’estate a visitare la mamma della mia dolce compagna che è romena.
Ho incontrato un anziano commercialista suo parente, ancora in attività, che è anche stato presidente dei commercialisti del suo Judetul, il suo Giudicato avrebbe scritto Dante, la sua provincia / regione / contea ecc, diremmo oggi (o una, o l’altra, non regioni più provincie come da noi). Parlando del rischio di disgregazione dell’euro, del ritorno alla lira, delle mie preoccupazioni sul conseguente crollo di valore dei risparmi e così via, ha rievocato i suoi ricordi dei tempi della loro rivoluzione iniziata nel 1989. In quel periodo tumultuoso, praticamente da un momento all’altro il Leu perse quasi tutto il suo valore, e molte banche fallirono. “Mio padre mi aveva affidato una somma con la quale si sarebbero potute acquistare 10 automobili: alla fine, bastava per comprare 10 pagnotte. E non sono stato capace di difenderla io, che ero un professionista…”.
Conoscevo già storie simili, anche perché era successo lo stesso al padre della mia compagna, mancato prima che la conoscessi: persona molto più facoltosa del commercialista, si era salvato dalla miseria solo per le prugne che aveva continuato a coltivare per passione sui terreni del nonno, dalle quali ricavava in casa sempre per passione la ţuica (si pronuncia zuica), la grappa di prugne romena, venduta alla porta di casa. Questo non aveva evitato a sua figlia, ingegnere e dirigente industriale, di essere costretta ad emigrare per il crollo del loro sistema produttivo, raccontandomi gli avvenimenti anni dopo.
Cosa avrebbero potuto evitare queste pedite i risparmiatori romeni? Comprare case e terreni? Proibito dal regime. Comprare valuta straniera o oro al mercato nero? Si rischiava di ritrovarsi Equitalia, pardon, la Securitate. la temutissima Gestapo di Ceausescu, in casa. Convertire i conti bancari in dollari? Sì, se la banca non fosse fallita in seguito. Depositare su più banche? Forse, ma il vero problema fu che nessuno di loro si aspettava un fatto simile, ed erano in buona compagnia, perché ben pochi anche in Occidente si attendevano il crollo del comunismo così repentino.
Il Cigno Nero è, secondo una definizione di non ricordo quale americano, un evento finanziario dirompente che sconvolge in senso molto negativo la situazione esistente e le aspettative di evoluzione. Ma più che un cigno, sembra un falco, che ruota alto ma incombente, che magari si scorge a lungo ma al quale alla fine non si bada, e che all’improvviso piomba in picchiata senza lasciare possibilità di scampo alla vittima che non si fosse messa in salvo in precedenza.
Goldman Sachs ha ridotto la sue esposizione in BTP di oltre il 90% dall’inizio del 2012: forse per la plusvalenza… forse.
Un blogger scrive sul WSJ che il 12 settembre, data della decisione della serafica Corte Costituzionale tedesca sull’ammissibilità del Fiscal Compact, sarà l’11 settembre dell’Euro, l’inizio della fine.
Il super falco teutonico Issing afferma alla CNBC che bisogna espellere paesi e banche deboli dall’Euro (iniziando dalla Commerzbank, gli suggerirei se potessi).
Il debito italiano aumenta, le tasse aumentano, il PIL e la produzione industriale calano più che in Spagna.
Sulle voci di patrimoniale ho scritto di recente.
Sul supplemento Plus del Sole 24 Ore, destinato a risparmiatori informati, non certo a trader spericolati, è sempre pubblicato almeno un parere di qualche gestore che consiglia di diversificare in valuta.
Sommando questo e altro, e i ricordi del Cigno Nero romeno trasmessi da chi l’ha vissuto, sono assolutamente convinto che sia opportuno diversificare i propri risparmi su almeno due valute straniere, inviando fisicamente il denaro all’estero su istituti esteri, e di non detenere in Italia più di un terzo del proprio patrimonio.
Attenzione sempre alla patrimoniale, magari aumentata di chissà quanto per chi ha attività all’estero. Ma in fondo meglio dover pagare una tassa perché si possiede un attivo che non doverla pagare perché si è perso tutto.
Concludo con un’informazione di servizio. In Romania vale il principio che, una volta che uno ha pagato le tasse su quello che ha guadagnato, può disporre del suo capitale come vuole. Quindi, può anche inviarlo all’estero senza moduli RW, patrimonialine sui capitali esteri e aliquote marginali sui loro interessi.
Buon Ferragosto…
Marco