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ARGOMENTO:

Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10049

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Vi posto l’articolo di Stefano Micossi “Quell’inganno della Tobin Tax” sul supplemento Affari e Finanza di Repubblica di oggi 12 novembre 2012, leggibile liberamente anche online, che secondo me è condivisibile fin nelle virgole.
Mi ha stupito che un articolo del genere sia comparso su un quotidiano più o meno di sinistra, pur se fra molte virgolette.
Per la precisione, i Paesi europei che hanno aderito al progetto mi risulta che siano:
Germania; Francia; Austria; Belgio; Portogallo; Slovenia; Grecia; Italia; Spagna; Slovacchia; Estonia.
Vicini alla firma sarebbero:
Ungheria; Polonia; Finlandia.
Incerti o contrari:
Regno Unito; Irlanda; Olanda; Danimarca; Svezia; Lettonia; Lituania; Repubblica Ceca; Romania; Bulgaria.

Con la legge di stabilità l’Italia si doterà finalmente di una bella imposta sulle transazioni finanziarie. Naturalmente, come si conviene, è un’imposta europea perché così si eviteranno indesiderabili delocalizzazioni della base imponibile e manovre evasive: l’Italia si è affrettata ad aderire all’apposita cooperazione rafforzata montata in seno all’Unione da Francia e Germania, che consentirà di introdurre l’imposta anche contro il parere della perfida Albione, pardon, Regno Unito. L’imposta è stata salutata con un triplo urrah dagli europeisti, che vedono realizzato il sogno di una vera imposta europea, fonte finalmente di risorse genuinamente proprie per il bilancio dell’Ue; ma anche curiosamente da coloro che l’integrazione l’amano poco, che festeggiano la punizione, appunto, degli speculatori. Così, pur trattandosi di una nuova tassa, le critiche sono state poche, solo qualche operatore finanziario; ma si sa, trattasi in larga parte di speculatori. Dunque, cappello alzato davanti al Tesoro e alla Ragioneria, che almeno qui han fatto centro. Un bel miliardino di euro pulito pulito, son tutti contenti. Ma è proprio così? Non sarebbe il caso di guardare le cose più da vicino? La dimensione europea, anzitutto. Beh, alla cooperazione hanno aderito finora 11 Paesi, poco più della base minima per consentire alla Commissione di presentare una proposta al Consiglio: mancano per ora, oltre al Regno Unito, l’Irlanda, i Paesi nordici, l’Olanda, la Polonia, altri Paesi dell’Europa centrale. Nella proposta di direttiva del settembre 2011 la Commissione aveva proposto di tassare tutte le transazioni finanziarie dovunque eseguite, purché almeno una delle controparti fosse residente nell’Ue. Restavano fuori le transazioni per i pagamenti correnti e le operazioni in valuta estera. L’aliquota doveva essere almeno pari allo 0,1% per le transazioni cash, ma molto più piccola, come minimo dello 0,01 per cento, per i contratti derivati, perché questi sarebbero tassati sul valore nozionale (cioè, in sostanza, dei titoli sottostanti, che è un multiplo del costo del contratto). Tre gli obiettivi indicati dalla Commissione per questa tassa: armonizzare le imposte indirette sulle transazioni finanziarie evitando distorsioni nel mercato interno, cioè lo spostamento delle basi imponibili verso giurisdizioni dove la tassa non c’è; gettare sabbia negli ingranaggi dei mercati in modo da frenare le transazioni ad alta frequenza per operazioni di brevissimo termine; raccogliere risorse proprie per il bilancio dell’Unione, in sostituzione o aggiunta alle entrate esistenti. La direttiva non era finora approdata davanti al Consiglio per l’opposizione del Regno Unito; la decisione, infatti, richiede unanimità, vincolo che ora sarebbe superato con procedura della cooperazione rafforzata. Ma intanto tre paesi sono andati avanti da soli: Regno Unito, Francia e Italia. Nel Regno Unito, si tratta di un’imposta di bollo sul trasferimento di titoli azionari che si applica al cambiamento del possesso finale di azioni emesse da emittenti inglesi o effettuate sul mercato di Londra anche tra intermediari non residenti. Dunque, l’imposta colpisce l’investitore retail più che le transazioni; il criterio di residenza indicato dalla Commissione è ignorato; la tassa non si applica ai derivati. La Francia ha introdotto un’imposta di bollo sul trasferimento di azioni emesse da società residenti in Francia e con capitalizzazione di borsa superiore a un miliardo di euro (poco più di cento) e negoziati in mercati regolamentati. L’imposta si applica con aliquota dello 0,2% e un ulteriore aggravio dello 0,01% sulle transazioni ad alta frequenza, nonché a un sottoinsieme dei contatti derivati, i credit default swap in titoli di stato europei. La tassa italiana, infine, si applicherà alle transazioni in azioni e in derivati over the counter, con l’esclusione dei titoli di Stato; l’aliquota è unica per transazioni cash e derivati dello 0,05%, con un aggravio di costo per questi ultimi dato il riferimento al valore nozionale. In tutti i casi, le entrate servono per l’equilibrio del bilancio nazionale; se con la direttiva si vorrà un contributo al bilancio europeo, servirà un’ulteriore sovrattassa. Dunque non è una tassa europea, perché è diversa da Paese a Paese e non fa affluire risorse verso il bilancio dell’Unione; non siamo neanche davanti all’imposta di Tobin perché per gettare sabbia negli ingranaggi dei mercati bisogna colpire tutte le transazioni mentre nei casi in esame gran parte delle transazioni è esente; non si preserva il mercato interno dalle temute distorsioni di forum shopping da parte dagli operatori. Dappertutto si sono esentate le transazioni finanziarie in titoli di Stato: se lo scopo era di combattere la speculazione su tali titoli si dovevano includere. Ma l’esenzione è rivelatrice: ciò che i governi vogliono sono i soldi. Esentano i titoli di stato perché sanno che l’incidenza finale dell’imposta non sarà sugli intermediari come si è voluto far credere, ma su emittenti e risparmiatori. La ciliegina sulla torta nel caso italiano è nella relazione al provvedimento: lì si vede che i proventi attesi dall’imposta, il famoso miliardo, derivano in gran parte dall’applicazione di quell’aliquota punitiva ai derivati; ma si vede anche che il Tesoro si attende, a seguito dell’imposta, un calo delle transazioni in azioni del 30% e in derivati dell’80. Un colpo mortale alla piazza finanziaria milanese che già non naviga in buonissime acque. Né si capisce su quale base la Ragioneria dello Stato possa argomentare che un 20% di transazioni non muoverebbe altrove: un 20% di polli? Il risultato più probabile è che il mercato italiano dei derivati over the counter scompaia e che i proventi dell’imposta di conseguenza siano pari a zero. Anzi, dovremmo mettere in conto, a carico del bilancio pubblico, forti spese di viaggio del povero dottor Befera, che dovrebbe mettersi a correre tra i mercati finanziari che non applicano la tassa europea per identificare le transazioni nelle quali una controparte sia italiana. Nell’insieme, un’idea assolutamente geniale. Auguri!

Purtroppo, gli auguri di Micossi servono a innanzi tutto a noi…
Sono quelle che Nunzio chiama "seghe mentali" e che io chiamo "fare trading sul lato destro del grafico"...ma la sostanza è quella.
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10050

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questa è la priposta dell'IFMA che Lannutti (parlamentare) presenterà a breve... dato che è stata scritta da gente che sa che cosa sia il trading, è chiaramente condivisibile... certo però che da un governo tecnico, uno si aspetterebbe davvero di tutto tranne che di avere a che fare con persone che legiferano nella più totale incompetenza (come traspare dal riferimento alla tobin tax nel disegno di legge di stabilità)... speriamo che questa proposta possa avere un seguito e che i "tecnici" al governo abbiano il buon senso di comprendere la portata che una norma approcciata in maniera così superficiale potrebbe avere su un'intero settore che rischierebbe di scomparire.

Tobin Tax – Una proposta alternativa

Siamo in presenza di una tassa che danneggia il sistema economico con una flessione del PIL e che, con ragionevole certezza, genererà un calo delle entrate per lo Stato, producendo solo disoccupazione e inflazione.

Come se tutto ciò non bastasse, la tassazione prevista esclude gli speculatori internazionali, mentre va a colpire in modo indiscriminato i risparmiatori italiani.

1. Fuga dei capitali

Il governo ha ammesso, nella relazione tecnica di accompagnamento al disegno di legge sulla stabilità, un calo degli scambi sui mercati italiani pari a 7.000 miliardi di euro.

Ci domandiamo: può il sistema economico italiano permettersi il lusso di perdere una concentrazione di risorse di queste dimensioni?

A tale riguardo, non è difficile immaginare che i flussi di denaro in uscita dai nostri mercati (azionario ed obbligazionario) saranno intercettati in primo luogo da Gran Bretagna, Stati Uniti e Svizzera. Per altri aspetti, direttamente connessi allo spread con i nostri titoli di stati, favorita in questo processo appare anche la Germania.

Infatti, dal momento che, nell’impostazione italiana della legge vengono esclusi i titoli di stato, è facile pensare che importanti flussi di capitale si dirigeranno verso il Bund, con incalcolabili ripercussioni sullo spread fra lo stesso e i titoli governativi italiani.

Proseguendo nella lista dei paesi che contribuiremo ad arricchire va menzionata anche l’Olanda.

L’Italia (in attesa dell’approvazione del testo promosso da 10 paesi dell’Unione Europea) sarà pertanto l’unico paese al mondo ad avere una c.d Tobin Tax di stampo così penalizzante per il Sistema Paese. Infatti, il testo approvato in Francia, ad agosto, non coinvolge i derivati, esclude i titoli più piccoli per capitalizzazione e le operazioni aperte e chiuse in giornata.

E’ poi noto a tutti gli osservatori e tecnici della materia che la tassa sulle transazioni finanziarie non ci sarà sicuramente in quasi due terzi dei paesi Ue.

I paesi contrari sono: Olanda, Svezia, Danimarca, Finlandia, Lussemburgo, Irlanda, Cipro, Gran Bretagna, Malta, Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Lituania, Lettonia, Romania e Bulgaria.

Fra questi vanno ricordati il caso della Svezia e della Gran Bretagna. La prima l’ha già sperimentata negli anni 80 (assieme alla Francia), con effetti talmente devastanti da costringere il legislatore a fare marcia indietro. In gran Bretagna è stata introdotta un’imposta analoga chiamata Stamp Duty (aliquota 0,50%) ma che non è pagata sulle transazione effettuate dai membri della borsa. Gli investitori inglesi, poi, evitano il pagamento della stessa prendendo posizioni sui titoli azionari tramite strumenti denominati cfd.

2. Aumento dei costi di finanziamento delle imprese e inflazione per i consumatori

La già difficile situazione economica del nostro paese non potrebbe che riflettere e amplificare la carenza di liquidità sui listini domestici, causa contrazione degli scambi (come del resto previsto nella relazione accompagnatoria del Governo al disegno di legge); a quel punto la prevedibile discesa delle quotazioni sul nostro mercato azionario, comporterà sicuramente la crescita, per correlazione, dei rendimenti dei titoli corporate (le obbligazioni), peggiorando le condizioni di accesso al credito delle imprese quotate.

Sempre sul fronte dell’accesso al credito le cose si complicano anche in fase di emissione. Un mercato secondario poco efficiente, quale è quello dei titoli già emessi, peggiora le condizioni degli strumenti in collocamento (il primario); di conseguenza avremo I.P.O. a prezzi più bassi e collocamenti di bond a prezzi più contenuti, e rendimenti naturalmente più alti.

Il rientro dagli investimenti diventerà più complicato per chi non vuole portare a scadenza gli strumenti finanziari. Il problema è cosi concreto che il Tesoro è stato lungimirante: auto promulgando una legislazione di favore, ha escluso dalla base imponibile i titoli di stato!

I maggiori oneri finanziari, in un periodo di margini erosi per le aziende, imporrà la necessità di ribaltare i costi sui consumatori.

Cosi’ come i costi sostenuti dalle banche per le coperture del rischio tasso sui mutui, e gli oneri delle imprese esportatrici per coprire i rischi sul cambio, saranno ugualmente ribaltati sui consumatori.

Infine, l’introduzione della tassa andrà inevitabilmente ad erodere le performance dei Fondi Pensione

3. Borsa Valori e Sistema Economico

Esiste una relazione diretta fra dimensioni del prodotto interno lordo e efficienza e qualità del sistema finanziario.

Il PIL italiano è il nono al mondo. La ricchezza reale del paese non sarebbe allineata e compatibile con una Borsa Valori “azzoppata” di oltre il 40-45% della sua liquidità. Ricordiamo che attualmente abbiamo una capitalizzazione di Borsa ai minimi storici: 20% del nostro PIL (per fare un paragone, la capitalizzazione attuale delle Borse Usa è al 105% del Pil Usa).

Non è fuori luogo riconoscere che Piazza Affari con i suoi 200 anni di storia è a rischio “chiusura”. L’allineamento del PIL alle evoluzioni della Borsa post imposta ci trascinerebbero ben al di sotto di molti paesi del “terzo mondo”.

4. Aumento della volatilità e della speculazione. Rischio manipolazione

Il forte calo della liquidità dovuto all’introduzione dell’imposta, aumenterà la volatilità facendo muovere i prezzi dei titoli a strappi. E’ chiaro che è ben diversa la liquidità dei mercati se ci sono 100 venditori e 100 compratori, rispetto alla eventualità che ve ne siano invece decine di migliaia. Gli operatori stranieri che non pagano l’imposta potranno spadroneggiare sul nostro mercato mettendo a rischio pezzi del sistema economico italiano e singole aziende con importi più limitati.

I fondi speculativi americani, solo per citare un esempio, potranno scambiarsi illimitati quantitativi di titoli senza essere assoggettati all’imposta.

L’andamento del mercato azionario italiano in un’economia globale, per buona parte, è correlato a quello delle altre piazza finanziarie internazionali. L’andamento dei mercati azionari, poi, segue il ciclo economico ed è solo un indicatore importante dello stato di salute dell’economia.

Se le aspettative per l’economia del nostro paese dovessero peggiorare, la discesa del mercato potrebbe diventare assai significativa senza il paracadute della liquidità. L’andamento dell’indice, verosimilmente, accentuerà i movimenti degli altri benchmark internazionali con gravi ripercussioni in fase di discesa dei listini.

L’imposta sembra poi penalizzare le operazioni di breve periodo che puntano a guadagni limitati per favorire operazioni di lungo periodo. Gli investimenti con orizzonte temporale più lungo, per essere giustificati, necessitano di guadagni consistenti.

La dimostrazione che tale imposta non va a colpire la speculazione è data proprio dall’esclusione dei titoli di Stato, che potrebbero essere nuovamente attaccati dai grandi fondi esteri. La storia recente lo ha ampiamente dimostrato.

Le transazioni in parte migreranno all’estero dove non si paga l’imposta e in parte non avranno più convenienza economica. Gli stessi tecnici del governo italiano ammettono un calo degli scambi fino all’80%. Il gettito previsto per l’Italia, la terza economia continentale, è solo di 1 miliardo di euro circa; nella migliore delle ipotesi, gli altri paesi favorevoli contribuiranno fino a 5 miliardi.

Dove sono gli altri 49 promessi a livello europeo ?

I numeri indicati nel disegno di legge sulla stabilità sono eccessivamente ottimistici: sarà sufficiente un calo delle quotazioni e delle negoziazioni per metterlo in discussione.

Il governo non ha poi calcolato il mancato gettito connesso all’Irpef (piu’ di 20 mila addetti perderanno il lavoro), all’Iva del settore legata a convegnistica, le plusvalenze da negoziazione e capital gain, il bollo sui depositi titoli e sui conti correnti.

Proposta di Emendamento al Disegno di Legge di Stabilità.

Alla luce di quanto sopra scritto, l’IFMA ritiene che la strada più corretta sarebbe quella di una sospensione della normativa in attesa di un testo condiviso in sede Europea. Se invece si intendesse comunque assicurare un gettito all’erario, il suggerimento tecnico sarebbe di riscrivere i commi 18 e 19 dell’articolo 12 del Disegno di Legge sulla Stabilità 2013 come di seguito.

Art. 12, comma 18

La compravendita di azioni, e di altri strumenti finanziari partecipativi emessi da società residenti nel territorio dello Stato è soggetta ad imposta di bollo. La tariffa è pari a 1 euro per le compravendite effettuate nell’ambito dei mercati regolamentati di

cui all’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 e nei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamenti di cui agli articoli 61, 77 bis, 78 e 79. La tariffa è pari allo 0,05% del valore della transazione per le compravendita effettuate nei mercati non regolamentati.

L’imposta è dovuta anche se la compravendita avviene al di fuori del territorio dello Stato.

Sono escluse dall’imposta le operazioni di emissione e di annullamento dei titoli azionari e dei predetti strumenti finanziari.

Gli ordini cancellati e modificati inoltrati nei mercati regolamentati di cui all’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 e nei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamenti di cui agli articoli 61, 77 bis, 78 e 79 sono assoggettati ad un’imposta di bollo fissa di 0,10 euro a transazione laddove il risultato del rapporto fra il numero di ordini eseguiti e la somma del numero di ordini cancellati e modificati, in un’unica seduta di contrattazione, sia inferiore a 0,02.

Art. 12, comma 19

Le operazioni su strumenti finanziari derivati di cui all’art. 1, comma 3 del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998, effettuate nell’ambito dei mercati regolamentati di cui all’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 e diverse da quelle sui titoli di stato di paesi appartenenti all’Unione Europea e aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni, sono assoggettate ad un’imposta fissa di 1 euro per singolo lotto negoziato.

I derivati di cui all’articolo 1 comma 2 lettera i) del Decreto Legislativo n. 58/1998 aventi ad oggetto un rapporto valutario sono assoggettati ad un’imposta di bollo pari allo 0,002% del valore del nozionale movimentato con la transazione; i derivati di cui all’articolo 1 comma 2 lettera i) del Decreto Legislativo n. 58/1998 aventi ad oggetto un sottostante diverso da un rapporto valutario sono assoggettati ad un’imposta di bollo pari ad 1 euro per transazione.

Le operazioni su strumenti finanziari derivati di cui all’art. 1, comma 3 del decreto legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 perfezionate su mercati non regolamentati e diverse da quelle sui titoli di stato di paesi appartenenti all’Unione Europea e aderenti all’accordo sullo Spazio economico europeo che consentono un adeguato scambio di informazioni sono soggette, al momento della loro conclusione, ad imposta di bollo con l’aliquota dello 0,05% sul valore nozionale di riferimento del contratto.

Gli ordini cancellati e modificati inoltrati nei mercati regolamentati di cui all’articolo 61 del Decreto Legislativo n. 58 del 24 febbraio 1998 e nei sistemi di negoziazione diversi dai mercati regolamenti di cui all’ articolo 61 sono assoggettati ad un’imposta di bollo fissa di 0,10 euro a transazione laddove il risultato del rapporto fra il numero di ordini eseguiti e la somma del numero di ordini cancellati e modificati, in un’unica seduta di contrattazione, sia inferiore a 0,02.

Tabella sintesi proposta emendamenti


TARIFFA BASE IMPONIBILE


1 Euro Eseguiti su mercati azionari regolamentati di cui all’Art.61 del decreto legislativo n.58 del 24 febbraio 1998
1 Euro Eseguiti su mercati azionari diversi da quelli regolamentati di cui all’Art.61, 77 bis, 78 e 79 del decreto legislativo n.58 del 24 febbraio 1998
0.05% Compravendite di azioni nei mercati non regolamentati sul valore della transazione
0.10 Eur Ordini Cancellati e Modificati sui mercati regolamentati per derivati e azioni quando superiori a 50 per ogni eseguito
1 Eur Derivati sui mercati regolamentati di cui all’art. 61 del D.Lgsl 58/98 per lotto negoziato
0.002% Derivati di cui all’art. 1 comma 2 lettera i del d. lgsl. 58/98 (noti come cfd) su valute
1 Eur Derivati di cui all’art. 1 comma 2 lettera i del d. lgsl. 58/98 (noti come cfd) non su valute, per ogni transazione
0.05% Compravendite di derivati nei mercati non regolamentati ad eccezione di quelli su Titoli di Stato Ue con base imponibile sul nozionale

Tabella Gettito Fiscale ipotizzata dal Governo


Stima Governo (in Euro)

GETTITO AZIONI 233.171.500
GETTITO DERIVATI 854.560.000
TOTALE GETTITO TOBIN TAX 1.087.731.500

Tabella Gettito Fiscale ipotizzata dall’IFMA con approvazione dell’emendamento proposto


Stima IFMA

GETTITO AZIONI 89.000.000
GETTITO DERIVATI 871.393.600
TOTALE GETTITO TOBIN TAX 960.393.600

Ulteriori considerazioni

Secondo l’IFMA, le stime del governo appaiono ottimistiche in quanto il gettito derivante dall’applicazione della tassa sul mercato azionario è stato calcolato non tenendo conto, per quanto concerne la base imponibile, dell’incidenza degli operatori che non pagheranno l’imposta secondo il disegno di legge di stabilità.

Parimenti, secondo l’Associazione, il gettito del mercato dei derivati è sovrastimato e non tiene conto degli effetti che, l’enormità della percentuale scelta (0.05%) avrà sul calo dei volumi (come successivamente spiegato in dettaglio).

Una ulteriore perdita si avra’ sul gettito da azioni sui mercati regolamentati proprio per l’incidenza dell’aliquota (0.05%)

Infine Non si tiene conto del mancato gettito prodotto da Ires , Irpef, Iva e Capital Gain ogni anno versati da operatori Istituzionali, Persone Fisiche e Aziende di Intermediazione.

Tabella Gettito Fiscale con e senza Sovrastime Governo


STIME GOVERNO (Eur) SOVRASTIME GOVERNO (Eur) SENZA SOVRASTIME (Eur)

GETTITO AZIONI 233.171.500 - 33.000.000 * 200.171.500
GETTITO DERIVATI 854.560.000 - 40.000.000 ** 814.560.000
TOT GETTITO TOBIN TAX 1.087.731.500 - 73.000.000 1.014.731.500

GETTITO FISCALE SETTORE FINANZIARIO INVARIATO -100.000.000 *** – 100.000.000

TOTALE GETTITO CON APPLICAZIONE TOBIN TAX 1.087.731.500 -173.000.000 914.731.500

* Con tassazione dello 0.05% il gettito da azioni sui mercati regolamentati dovrebbe ridursi almeno di ulteriori 30 milioni di Euro.

** Con tassazione dello 0.05% il gettito da derivati regolamentati e da derivati Otc dovrebbe subire una ulteriore contrazione del 10% (non 80% ma 90%) .

*** Perdita del gettito IRES,IRPEF , IVA, E CAPITAL GAIN.

Tabella riassuntiva e confronto con proposta IFMA


SENZA SOVRASTIME (Eur) IFMA (Eur)
GETTITO AZIONI 200.171.500 89.000.000
GETTITO DERIVATI 814.560.000 871.393.600
TOTALE 1.014.731.500 960.393.600

GETTITO FISCALE SETTORE FINANZIARIO -100.000.000 INVARIATO

TOTALE GETTITO CON APPLICAZIONE TOBIN TAX 914.731.500 960.393.600
DIFFERENZA + 45.662.100

Considerazioni finali

L’IFMA, Italian Financial Markets Advisors, con spirito assolutamente costruttivo, ha ritenuto di dare il proprio contributo all’applicazione di una Tobin tax che non vada a danneggiare irrimediabilmente il mercato finanziario italiano, assumendosi la responsabilità di affidare all’amministrazione dei numeri che risultino quanto piu’ vicini alla realtà.

Il tutto attraverso il contributo dei molteplici esperti del settore che si sono dedicati, con assoluto senso di responsabilità civile, alla ricerca di una soluzione che tenga conto della necessità di condividere sacrifici in un momento tanto delicato ma che, al contempo, non vada a distruggere un patrimonio tanto importante dell’economia italiana.

Referente IFMA

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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10056

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Dopo Repubblica, il senatore Lannutti dell'IDV. In Italia il trading è di sinistra? E dire che nel governo tecnico c'è anche un ex, da poco, banchiere...
Sono quelle che Nunzio chiama "seghe mentali" e che io chiamo "fare trading sul lato destro del grafico"...ma la sostanza è quella.
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10246

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fresca fresca di qualche ora fa:

Sulla Tobin Tax il governo viene battuto in aula. L'ordine del giorno presentato dal Pd, impegna "a considerare un ampliamento della base imponibile che includa tutti gli strumenti derivati e una conseguente riduzione delle aliquote tenendo in considerazione anche gli operatori esteri e i traders che effettuano un grande numero di scambi giornalieri nonché i traders online in modo da preservare la capacità della Borsa di intercettare risparmi e grandi capitali per lo sviluppo delle imprese".

Respinta la richiesta del governo, che voleva una riformulazione del testo: la sostituzione di quel "impegna a considerare" con un più vago "valutare l'opportunità". La Camera ha dunque approvato il testo, con sostegno bipartisan (433 sì e sei no), come era stato presentato da Francesco Boccia (Pd).

...sempre meglio... altro che Tobin alla francese... ma come ci si può meravigliare?

in fondo parliamo di un paese dove campeggia, davanti alla storica sede della Borsa Italiana, una statua con il dito medio alzato, che quando si fa il TOL Expo ci sono gli operatori stranieri che si mettono lì a fare le foto perchè quando mai gli ricapita di venire in visita in un posto del genere... diciamo che andando avanti in questo modo, si sta passando dalla statua... ai fatti...
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10247

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in che mani siamo, Mha!
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10248

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si ho visto anch'io questa notizia...ma sono fiducioso,non possono approvare una c...ata del genere,Monti sa benissimo le conseguenze che avrebbe sulla nostra economia,no può essere così sprovveduto da non capirlo per cui aspettiamo la prossima mossa..:-)
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10249

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beh, la "variante" proposta dal Governo mirava a salvare le banche che hanno in pancia quantità di derivati "imprecisate", non certo a tutelare il fenomeno del trading online o il generico trader che cerca di sbarcare il lunario davanti ad un monitor tutti i giorni... questi sono dei "parassati" secondo politici come Boccia e suoi "simili"... è come il bue che dà del cornuto all'asino!

ICIO: SEI UN PARASSITA! :-) ...mentre questi poveri politici si battono fino allo sfinimento per uno Stato più equo, più onesto, retto e virtuoso... e stanno guidando con esempio... ma come si fa a muovergli qualche critica!?!? sono inattaccabili...

scherzi a parte: anche io spero che la demagogia venga spinta all'eccesso, e ne esca fuori una porcata di dimensioni ciclopiche... perchè probabilmente avrebbe vita breve, soprattutto quando gli altri paesi adotteranno invece delle Tobin all'"acqua di rose" come quella francese... purtroppo se invece viene fuori una Tobin "ragionevole", temo che resterà...
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10250

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Quel dito medio davanti alla Borsa Valori... e la Borsa Valori che sta per essere trasformata in buco di... con questa pagliacciata.
"Se le tendenze dell'animo si offuscano e se l'ottimismo spontaneo svanisce, lasciandoci dipendere solo da una speranza matematica, l'intraprendenza illanguidisce e muore"
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10251

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Saro paranoico e complottista ma mi sembra che ci sia la volontà deliberata di tagliare le gambe ad ogni settore ed attività dove l'individuo sovrano tenta con le sue forze di raggiungere quella libertà finanziaria che lo renderebbe libero per cui non controllabile. Basta vedre a come stroncano l'imprenditoria con livelli di tassazione iniqui ed una burocrazia assurda. Ed ora che comincia a diventare una realtà anche da noi e' l'ora del trading. Che poi non ho capito, in quanto non ho avuto lo stomaco per approfondire, ma noi che abbiamo un conto in America e facciamo trading solo sul mercato americano come la dovremmo pagare sta min@€&ata?
Claudio
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Re: Tobin Tax. 11 Anni 5 Mesi fa #10252

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Luca mi sa che dovrai affittarci una stanzetta della tua casa perchè verremo tutti lì.....d'altronde sono sicuro che non per niente hai lasciato la tua Romagna...( o Emilia?),la bella Romagna, con i suoi gustosi piatti, per quella orrenda cucina svizzera :-)

Io comunque una piccola alternativa ce l'ho....visto che in 20 minuti sono in Francia e col francese me la cavo chissà che in futuro non sperimenti le leggi francesi...o monegasche,ancora meglio :lol:
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